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"Je suis Charlie Hebdo": le sfide per salvare la civiltà europea

Roberto Castaldi
8 gennaio 2015

L’attacco terroristico alla redazione del giornale satirico Charlie Hebdo a Parigi ha suscitato sdegno e condanna in tutti cittadini europei. La sua gravità non è dovuta solo al numero dei morti e dei feriti provocati, né alla preparazione militare che i terroristi hanno dimostrato. Nel suo significato più profondo è stato un atto di barbarie: condotto da barbari, nel senso etimologico del termine, ovvero persone fuori dalla nostra civiltà. Che ambivano a metterci paura da un lato – dimostrando che possono attaccare in qualunque luogo – e ad attaccare uno dei valori fondamentali su cui la nostra civiltà si fonda, la libertà d’espressione. Proviamo a riflettere sull’essenza della civiltà europea moderna oggi sotto molteplici attacchi dall’interno e dall’esterno, per capire le sfide che abbiamo di fronte per salvarla.

La Modernità è stata profondamente europea e ha sostanzialmente consistito in un doppio processo: da un lato l’espansione delle conoscenze e la loro applicazione per favorire l’espansione esterna dell’Europa nel mondo; dall’altro un processo di emancipazione progressiva all’interno, che ha portato all’affermazione di diritti civili, politici e sociali, frutto di lotte e di lezioni tratte spesso nel modo più cruento possibile, attraverso errori, massacri e genocidi. Dalle guerre di religione abbiamo imparato la tolleranza, la libertà d’espressione e di culto. Dalla rivoluzione inglese la libertà individuale, i diritti di proprietà, la separazione dei poteri e la certezza del diritto. Dalla rivoluzione francese l’uguaglianza e la fraternità o solidarietà e il suffragio universale; ma poi è seguito il Terrore, che ci ha invece regalato il mito della nazione. Dai movimenti operai l’intervento statale nell’economia e il welfare state – e il tentativo fallito di una società comunista. Dalle guerre mondiali e l’Olocausto il superamento del razzismo, dell’antisemitismo e della pena di morte. Anche sui nuovi diritti, sulla sensibilità ecologica, l’Europa è l’avanguardia del mondo. Al termine di questo processo storico che è la Modernità l’Europa è diventata l’area del pianeta più rispettosa dei diritti umani civili, politici e sociali. Non ci sono altri soggetti che predicano e praticano tutti questi valori.

Tutto questo è stato il frutto di lezioni faticose ed oggi è a rischio. Messo in crisi dalla tentazione di cercare e di prendere pericolose scorciatoie di fronte alle varie sfide cui la nostra civiltà e sottoposta, che derivano tutte da quel grande processo di unificazione del mondo che è stata la modernità, che noi abbiamo guidato e gestito e che ora giunge a compimento. Per cinque secoli in questo processo tutti i benefici arrivavano al centro e tutti i costi alla periferia. Ma ora una parte dei benefici arriva anche alla periferia e una parte dei costi al centro. E nel mondo globale contano solo gli attori di dimensioni continentale, come USA, Cina, India, Russia e Brasile. I vecchi Stati nazionali europei sono troppo piccoli e l’attuale Unione Europea non (ancora?) abbastanza unita. Così ci ritroviamo fragili di fronte alle sfide che da questo processo discendono.

La sfida delle diversità e il pericolo della chiusura. E’ meno facile, ma ancora più importante, predicare e praticare libertà e tolleranza quando non si è tutti bianchi e non si prega lo stesso Dio. In un mondo globale, le società diventano tutte più eterogenee e diversificate, da un punto di vista sociale, così come da quello etnico, religioso e culturale. Confondere l’Islam – i cui leader francesi hanno subito condannato l’orrendo attacco – con il terrorismo, stigmatizzare una religione, opporsi alla costruzione dei suoi luoghi di culto, significherebbe mettere in crisi la libertà di religione e di espressione, negherebbe alla radice i nostri valori, ci renderebbe uguali ai nostri nemici. Lo scontro di civiltà è ciò cui i terroristi ambiscono.

La sfida dell’uguaglianza e della solidarietà. È meno facile, ma ancora più importante, predicare e praticare la solidarietà quando le cose vanno male. Stiamo perdendo la capacità di solidarizzare con i più deboli, siano essi migranti in fuga da guerre e persecuzioni; giovani, disoccupati, precari e poveri; anziani non più auto-sufficienti; cittadini di Paesi attaccati dai mercati. Addirittura la debolezza produce vergogna invece che empatia e solidarietà. Abbiamo bisogno di ridisegnare il sistema del welfare perché sia sostenibile e garantisca davvero una rete di protezione a tutti, e assistiamo invece allo scontro tra chi è dentro e chi è fuori, tra chi ha avuto e chi non avrà mai.

La sfida della responsabilità e il rischio del capro espiatorio. In Italia specialmente, ma non solo, è scarsa la cultura della responsabilità e abbonda quella della colpa. Se qualcosa va male invece di riflettere sulle cause profonde, sulle strategie da adottare e iniziare a perseguirle, si cerca un colpevole. Trovare un capro espiatorio permette di continuare come sempre, lamentandosi del declino, ma senza interrogarsi sui propri comportamenti, le proprie abitudini. L’Italia ha un ritardo strutturale dello sviluppo nel Mezzogiorno, per decenni non è riuscita a usare i Fondi europei, ha un problema endemico di criminalità organizzata e di evasione ed elusione fiscale. Eppure si diffondono semplificazioni assurde per cui se le cose vanno male è colpa degli immigrati delinquenti, o dell’Unione Europea e dell’Euro, o dei politici tutti corrotti, ecc. La modernità è partita dalla coraggiosa scelta di guardare scientificamente la realtà. Salveremo la nostra civiltà moderna solo se sapremo esser degni eredi di quella scelta.

La sfida della coerenza e della sicurezza. Quando tutto intorno a noi sembra incerto e pericoloso, essere coerenti con i propri valori, anche nel perseguire la propria sicurezza, diventa meno facile ma ancora più importante. Tutto intorno all’Europa ci sono crisi politiche e militari gravissime. Per affrontarle servono orientamenti chiari – a partire dal fatto che il diritto e i confini internazionali si rispettano, anche in Ucraina e Crimea – e la volontà di farlo. I 28 Paesi membri dell’UE hanno la seconda spesa militare mondiale e capacità irrisorie. Una difesa unica europea permetterebbe di avere maggiori capacità con una spesa inferiore.

Il destino della civiltà europea moderna è quello dell’Unione Europea. Se l’UE si rafforzerà creando una vera democrazia federale europea con strumenti di governo in grado di garantire sviluppo, sicurezza e solidarietà, andremo verso una grande società plurale e pluralista, tollerante, aperta: l’Europa cosmopolita di Beck prosecutrice della civiltà europea moderna e ponte verso una società globale aperta e dei diritti. Un’Europa divisa potrà invece vedere la vittoria delle forze della chiusura, il riemergere del nazionalismo populista, xenofobo, incapace di proporre soluzioni ma rapido nel trovare capri espiatori e nel perseguire lo scontro con tutti i tipi di “diversi”.

Professore associato di Filosofia politica alla Università eCampus; per il CSF, co-editor di Perspectives on Federalism e del Bibliographical Bulletin on Federalism (Testo pubblicato ieri in: castaldi.blogautore.espresso.repubblica.it)

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