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STX France, da partecipazione strategica nazionale a partecipazione strategica europea

Domenico Moro
Commento n. 113 - 31 luglio 2017  

“Je vous annonce que nous avons pris la décision d’exercer le droit de préemption de l’État sur STX. Cette décision a été prise en plein accord avec le Président de la République et le Premier ministre. Elle a un seul objectif : défendre les intérêts stratégiques de la France en matière de construction navale. Les chantiers de Saint-Nazaire sont un outil industriel unique en France. Nous voulons garantir aux salariés, à la région, aux clients, aux sous-traitants mais aussi à tous les Français que les compétences exceptionnelles des chantiers navals de Saint-Nazaire en termes de construction comme les emplois resteront en France”. Con queste parole il Ministro dell’economia e delle finanze, Bruno Le Maire, ha annunciato l’esercizio del diritto di prelazione sul 66,6% delle azioni di STX France (Saint-Nazaire), società del gruppo sudcoreano STX Corporation, bloccandone il passaggio a Fincantieri. Le Maire ha però aggiunto: “Les chantiers navals de Saint-Nazaire n’ont pas vocation à rester sous le contrôle de l’État. La décision de préemption que nous venons de prendre est donc une décision temporaire. Elle doit nous donner le temps de négocier dans les meilleures conditions possible la participation de Fincantieri aux chantiers navals de Saint-Nazaire afin de bâtir un projet industriel européen solide et ambitieux”.

La valutazione della decisione francese e delle aspettative industriali di Fincantieri, leader europeo nel settore della costruzione navale e che, con l’acquisizione di STX France [STX d’ora in avanti] sarebbe divenuto uno dei principali costruttori mondiali, dovrebbe partire dalle ultime parole di Le Maire: “afin de bâtir un projet industriel européen solide et ambitieux”. Il Presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, giustamente, ha meglio circoscritto la vicenda quando ha fatto notare che “il 25 marzo, in occasione del 60esimo anniversario dei Trattati di Roma, c’era anche la firma della Francia in calce alla dichiarazione che parla di un’industria della difesa più competitiva e integrata” (“Parigi rispetti gli impegni sull’industria della difesa UE”, Il Sole 24 Ore, 28 luglio 2017). Il punto da cui partire è dunque quello di vedere se e come si può dar vita ad un progetto europeo, “solido ed ambizioso” nel settore della difesa UE, oltre che nel settore civile.

Sgombriamo anzitutto il terreno da quelle che sembrano deboli motivazioni della mossa francese: la difesa dell’occupazione locale e gli interessi strategici. Quello dell’occupazione è un problema che è stato risolto adeguatamente quando società francesi sono state protagoniste di accordi di ben maggior rilievo nei settori automobilistico, delle telecomunicazioni o dell’ottica di consumo. Anche la difesa degli interessi strategici nazionali nel settore navale non sembra un problema maggiore della vendita di tecnologia, forse più sofisticata degli scafi di produzione STX, che si verifica quando il “Rafale” francese viene venduto a India, Egitto o altri paesi che hanno interessi geopolitici che non coincidono del tutto con quelli europei. Del resto, Francia ed Italia sono protagoniste del più importante programma militare in ambito navale promosso a livello europeo: il programma navale FREMM (Frégates Européennes Multi-Missions), sviluppato con il coordinamento dell’OCCAR (Organisation Conjointe de Coopération en matière d'ARmement), che gestisce programmi europei di cooperazione nel campo degli armamenti. Il programma FREMM vede il coinvolgimento, per l’Italia, di Fincantieri e Leonardo e, per la Francia, della società Armaris, di proprietà di Thales e di Naval Group (NG – ex-DCNS, Direction des Constructions Navales Services). NG, controllata dall’Agence des participations de l'État (APE), è uno dei principali costruttori navali europei che opera sul mercato mondiale dei sistemi di difesa ed è il gruppo industriale dove, più che in STX, si trova il know-how nel settore navale: NG sarebbe divenuto l’azionista di minoranza di STX.

Il problema vero sembrerebbe dunque risiedere nell’assetto azionario e gestionale del nuovo gruppo che dovrebbe nascere dall’intesa Fincantieri-STX e, soprattutto, nella sua vocazione a diventare quello che è stato a suo tempo definito l’“Airbus della cantieristica navale europea”. All’inizio delle trattative di Fincantieri con STX e di fronte alle esigenze francesi di vedere soddisfatto il principio di un equilibrio azionario tra operatori francesi ed italiani, si prospettavano due possibilità: trovare un assetto azionario che rispecchiasse la vocazione europea dell’iniziativa, salvaguardando l’esigenza dell’unitarietà gestionale di STX, oppure optare per una soluzione di facciata. Fincantieri, società di Trieste, ha scelto quest’ultima opzione, indicando come azionista per il 6% la Fondazione Cassa di Risparmio di Trieste, NG il 12%, lo Stato francese il 33,3% (quota che concede la minoranza di blocco) e Fincantieri il restante 48,7%. La gestione avrebbe fatto capo a Fincantieri.

Quale avrebbe potuto essere una soluzione azionaria rispettosa dell’obiettivo di dar vita ad un progetto europeo “solido ed ambizioso” e quindi ad un soggetto attivo di un processo di aggregazione industriale nel settore della difesa, salvaguardando la responsabilità gestionale in capo a Fincantieri? Una risposta si può trovare nelle decisioni che si sono susseguite negli ultimi nove mesi a livello europeo per quanto riguarda una politica di difesa europea. A fine 2016, il Presidente della Commissione europea ha proposto di istituire un “Fondo Europeo per la Difesa” e il Consiglio europeo del 15 dicembre 2016 lo ha avallato. Il Fondo, oltre a sostenere le spese in R&S nel settore militare, introduce “incentivi affinché gli Stati membri cooperino nello sviluppo congiunto e nell'acquisizione di tecnologie e materiali di difesa attraverso il cofinanziamento a titolo del bilancio dell'UE”. Inoltre, sempre il Consiglio europeo del 15 dicembre, per la prima volta, “invita la BEI a esaminare iniziative volte a sostenere gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo in materia di difesa”.

Si potrebbero dunque ipotizzare due opzioni, a seconda del “veicolo” per la partecipazione “terza”. Nella prima, interverrebbe il Fondo Europeo per la Difesa (FED), nella seconda – che consentirebbe di accelerare i tempi – il Fondo Europeo per gli Investimenti (FEI) della BEI. Ricordiamo, al riguardo, che il FED prevede che “tutte le società possano beneficiare degli strumenti disponibili, indipendentemente dalle dimensioni e dall’ubicazione nell’Unione”. Il FED o il FEI potrebbero quindi acquisire una partecipazione del 5% in STX, mentre Fincantieri e Stato francese (tramite l’APE o NG) avrebbero il 47,5% ciascuno. La gestione operativa farebbe sempre capo unicamente a Fincantieri. Dopo sei anni di gestione (rinnovabili per altri sei), i poteri pubblici francesi avrebbero un’opzione ad acquisire il 5% dal FED o dal FEI solo nel caso in cui il nuovo gruppo Fincantieri-STX non avesse raggiunto l’obiettivo di diventare il leader europeo, e tra i primi a livello mondiale, nel settore navale civile e militare, anche attraverso l’apporto delle attività di NG in STX.

In entrambi i casi, l’obiettivo di diventare il leader europeo anche nel settore militare dovrebbe trovare l’assenso non solo di tutti e tre i partner coinvolti, ma soprattutto delle istituzioni europee.

*Domenico Moro è Membro dell’Unione Europea dei Federalisti e coordinatore dell’Area Sicurezza e Difesa del CSF

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