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Federalismo interno e fiscale: ripartire dalle Conferenze?

Stefano Piperno
Commento n. 99 - 26 gennaio 2017   

Con molta lungimiranza la Commissione parlamentare per le questioni regionali ha svolto nel corso del 2016 una indagine conoscitiva sulle forme di raccordo tra lo Stato e le autonomie territoriali con particolare riguardo al “sistema delle conferenze”, con la partecipazione di membri dell’esecutivo, accademici, esperti di vario genere. La Commissione, composta da deputati e senatori, è prevista dalla Costituzione (art. 126) e svolge funzioni consultive (specie in merito allo scioglimento dei Consigli regionali), di controllo e di informazione che sono andate ampliandosi nel tempo.

È bene ricordare come uno degli aspetti più rilevanti della revisione costituzionale del 2001 era rappresentato (art.11) dalla possibilità di integrare la Commissione con dei rappresentanti delle autonomie territoriali (creando la c.d. bicameralina) attraverso una modifica dei regolamenti parlamentari, nell’attesa di una auspicabile riforma costituzionale che istituisse una seconda Camera espressione delle autonomie. Compito della Commissione “allargata” era quello di esprimere un parere su tutti i progetti di legge inerenti le materie di competenza concorrente (terzo comma art.117 cost.) e su quelli in materia di finanza regionale e locale (art.119 cost.). Qualora vi fosse stato un parere negativo o positivo ma subordinato a cambiamenti, si prefigurava un aggravio procedimentale in quanto l’Assemblea parlamentare doveva deliberare a maggioranza assoluta dei suoi componenti Lo scopo di tale disposizione era quello di creare un organo di raccordo che prevenisse il contenzioso verso la Corte Costituzionale. Come noto, l’integrazione non è mai avvenuta per contrasti sui criteri di designazione dei rappresentanti dei regioni e autonomie locali, nonché, ultimamente, nella prospettiva della riforma costituzionale poi bocciata dal referendum del 4 dicembre 2016.

Abbiamo parlato di lungimiranza perché l’indagine svolta apre delle prospettive di sviluppo che possano migliorare il sistema di governance multilivello del nostro Paese, anche indipendentemente da una nuova riforma costituzionale. Il “sistema delle conferenze” si basa principalmente su tre organismi verticali – Conferenza Stato Regioni, Conferenza Stato Città autonomie e Conferenza Unificata – e su due organismi orizzontali – Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome e Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative delle Regioni e delle Province autonome. Una delle conclusioni contenuta nel rapporto finale, largamente condivisa da parte dei soggetti intervenuti, è rappresentata dall’esigenza di una rivisitazione dell’attuale sistema di raccordo basato sulle conferenze, anche a prescindere dall’approvazione referendaria della riforma costituzionale, garantendo il rispetto del principio di “leale collaborazione” tra Stato e sistema delle autonomie.

Vediamo brevemente le principali indicazioni emerse:
i. garantire una partecipazione del sistema delle autonomie al processo legislativo statale. La proposta è quella di attuare le disposizioni del già richiamato art.11 della legge di revisione costituzionale del 2001 integrando la Commissione parlamentare per le questioni regionali con i rappresentanti delle autonomie attraverso una modifica dei regolamenti parlamentari e consentendo alla stessa Commissione di svolgere anche un ruolo di raccordo tra Parlamento e sistema delle conferenze;
ii. semplificare il sistema delle conferenze istituendo una Conferenza unica articolata in due sezioni (una regionale e una locale);
iii. ricondurre al sistema delle conferenze tutti i soggetti di partenariati e misti previsti nelle diverse aree di policy;
iv. rendere maggiormente trasparente l’attività consultiva delle conferenze all’interno del processo legislativo;
v. riequilibrare il rapporto tra governo e sistema delle autonomie riducendo il potere del primo nella determinazione dell’agenda delle attività;
vi. procedimentalizzare maggiormente l’attività delle conferenze rendendola sempre più trasparente;
vii. istituire la Conferenza degli esecutivi, ovvero una sede di incontro tra Governo nazionale e i Presidenti degli esecutivi delle Regioni – sulla falsariga dei modelli canadese e australiano – che potrebbe essere integrata da una componente di sindaci metropolitani e non, da riunire una o due volte all’anno per dibattere temi di grande rilievo politico sulle scelte strategiche del Paese, a cominciare dallo stato del decentramento.

A tutto questo aggiungiamo che occorrerebbe prendere atto del graduale esaurimento degli organismi intergovernativi creati dalla l. n. 42/09 per l’attuazione del federalismo fiscale, ovvero la Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale, che per certi aspetti è assimilabile alla Commissione parlamentare per le questioni regionali, la Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale, la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica. Mentre la prima continua ad operare, anche se a ritmi un po’ più ridotti, le altre due hanno visto gradualmente esaurire le loro funzioni (la Commissione tecnica è stata abolita e le sue funzioni attribuite alla Conferenza unificata, salvo quelle connesse all’approvazione delle note metodologiche e dei fabbisogni standard, attribuite alla nuova Commissione tecnica per i fabbisogni standard) con l’appannamento del processo attuativo del federalismo fiscale. Le loro funzioni andrebbero riviste all’interno del processo più generale di razionalizzazione del sistema delle Conferenze al fine di garantire un percorso condiviso nella ripartizione delle risorse tra livelli di governo. Si pensi solo alla complessità che si incontrerà nel valutare la congruità dei fondi perequativi rispetto ai fabbisogni obiettivi di spesa di Regioni ed enti locali e in relazione ai livelli essenziali delle prestazioni.

Si tratta di indicazioni che possono costituire la base per riavviare un percorso virtuoso di decentramento possibile nel nostro paese, anche se, purtroppo, nel dibattito politico il tema non sembra certo al centro dell’attenzione.

 

Stefano Piperno è collaboratore del Centro Studi sul Federalismo

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