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Da Ventotene può ripartire il processo di unificazione europea

Roberto Palea
Commento n. 88 - 5 settembre 2016

 

 

Il riconoscimento di fondamento ideale del processo di unificazione europea del Manifesto di Ventotene da parte dei leader di Italia, Germania e Francia, nel corso del Vertice del 22 agosto scorso, non è un fatto puramente simbolico, ma un fatto di rilevante importanza politica.

Tutti conoscono la riluttanza, nei tempi passati, dei leader di Francia e Germania nell’affermare la superiorità del pensiero politico e dell’azione di Altiero Spinelli nel processo di unificazione europea, preferendo considerare quali Padri fondatori dell’Unione Europea personalità meno “federaliste”, più “funzionaliste”, quali Jean Monnet, Paul-Henri Spaak, Robert Schuman, Alcide De Gasperi e Konrad Adenauer.

D’altra parte non possiamo credere che Renzi, Merkel e Hollande non sappiano che Spinelli ha dimostrato, nelle sue opere, che se gli Stati dell’Europa intendono risolvere i loro problemi fondamentali (che hanno, ormai, dimensioni almeno continentali) lo debbono fare insieme, mediante la necessaria condivisione della loro sovranità attraverso istituzioni sopranazionali; né che, secondo il Manifesto di Ventotene, l’obiettivo dell’unificazione europea è “costituire un solido Stato federale, il quale disponga di una forza armata europea, al posto degli eserciti nazionali, spezzi decisamente le autarchie economiche (...), abbia gli organi e i mezzi per far eseguire nei singoli Stati federati le sue deliberazioni (…), pur lasciando agli Stati stessi l’autonomia che consenta una plastica articolazione e lo sviluppo di una vita politica secondo le peculiari caratteristiche dei vari popoli”.

La riunione programmata sempre a Ventotene per il 27 agosto dalla Presidente della Camera dei Deputati, Laura Boldrini, con i suoi omologhi di Francia, Spagna, Lussemburgo e Slovenia (che ha dovuto, all’ultimo minuto, essere disdetta per il sopravvenuto tragico evento del terremoto nell’Italia Centrale), nonché l’apprezzamento per l’iniziativa di Renzi, Merkel e Hollande, giunta sia dal Presidente della Commissione europea sia dal Presidente del Parlamento europeo, rafforzano il richiamo al pensiero e all’azione di Spinelli, strenuo sostenitore dell’importanza delle istituzioni europee, strumenti essenziali per assicurare democraticità ed efficacia dei processi decisionali europei.

Per quanto riguarda i temi trattati, secondo quanto dichiarato nella conferenza stampa preliminare, sono quelli cruciali – sicurezza, sviluppo, migrazioni – da affrontare subito per evitare la disgregazione dell’Unione europea, minacciata dalle crisi che gli Stati stanno aggravando con la pretesa di affrontarli separatamente; dall’insofferenza crescente nei confronti delle istituzioni politiche da parte dell’opinione pubblica, a causa delle difficoltà economiche e sociali che subisce; dal montare dell’euroscetticismo.

Si tratta, in particolare, di garantire la sicurezza interna ed esterna di fronte al terrorismo ed alle guerre che insanguinano Africa e Medio Oriente e minacciano i confini stessi dell’Unione. Occorre organizzare corpi militari comuni, interforze, sotto comando integrato, in grado di intervenire all’esterno dell’Unione, principalmente con compiti di addestramento, di “peace-keeping” e “state-building”; predisporre strumenti comuni di intelligence; approntare una guardia costiera europea e stabilire un diritto d’asilo europeo, in vista della costituzione di una “comunità europea della sicurezza”, secondo la definizione del Presidente Renzi.

È necessario rilanciare lo sviluppo economico e ridurre la disoccupazione, soprattutto in Italia e Francia, puntando su adeguati investimenti pubblici e privati, indirizzati prevalentemente alla costruzione di infrastrutture, alla ricerca e all’innovazione tecnologica, alla produzione di beni e servizi pubblici, anche nel settore della cultura.

L’utilizzo della leva fiscale sarà d’importanza fondamentale; a livello nazionale, per ridurre l’insopportabile aumento delle diseguaglianze nei redditi e nei patrimoni individuali e il disagio sociale dilagante, riducendo il peso fiscale sui redditi più bassi (rimodulando le aliquote sui redditi personali secondo criteri di progressività) e sulle imprese produttive. Occorrerà, inoltre, istituire (se ancora non esiste, come in Italia) o adeguare, un sistema di reddito minimo di cittadinanza a favore della popolazione disagiata.

Le misure fiscali nazionali, se chiaramente orientate a proteggere le persone svantaggiate, potrebbero rendere accettabile ai cittadini qualche prelievo nell’Eurozona, di modesta entità unitaria (ma di gettito complessivo elevato) sul consumo di carburanti fossili (carbon tax europea), da destinare a specifiche finalità, quali il potenziamento del Piano Juncker, sino a farne quel Piano europeo di sviluppo sostenibile, da tempo proposto dai federalisti, gestito dalla Commissione europea (quale governo provvisorio dell’economia dell’Eurozona) in stretto coordinamento con i Tesori nazionali e sotto il controllo del Parlamento europeo.

Si deve infine varare un programma in linea con il “migration compact” proposto dal governo italiano, volto a istituire una capacità europea di governo dei flussi migratori e di equa ripartizione dei migranti tra gli Stati membri e a destinare risorse europee al finanziamento di un Piano Marshall per l’Africa e il Medio Oriente con l’obiettivo di promuovere uno sviluppo economico endogeno, raffreddando, così, i flussi migratori. Naturalmente gli aiuti finanziari dovrebbero essere sottoposti a forte condizionalità, all’abolizione dei conflitti militari, alla gestione controllata della spesa, all’istituzione, se necessario a fini di sicurezza, di basi militari con personale europeo specializzato, in loco.

Soprattutto ora che è caduto il freno aprioristico della Gran Bretagna, tutte le misure elencate possono essere realizzate subito, utilizzando gli strumenti previsti nei Trattati europei, quali quello delle cooperazioni strutturate permanenti in materia di sicurezza, quello delle cooperazioni rafforzate in materia economica, il prelievo di risorse finanziarie dai cittadini se finalizzate a specifiche finalità di comune interesse, il coordinamento della politica economica europea con le misure della Banca Centrale europea.

Il processo di unificazione europea potrebbe riprendere il suo cammino, a patto che non si torni a smarrire l’ispirazione spinelliana e si persegua il senso di marcia, orientato alla revisione dei Trattati europei, non appena possibile, e indirizzato al suo punto d’arrivo, chiaramente individuato in un’Unione federale di Stati e di cittadini.

Roberto Palea è Membro del Consiglio Direttivo e già Presidente del Centro Studi sul Federalismo

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