La via maestra per un bilancio dell'Eurozona
Alberto Majocchi
Commento n. 68 - 9 dicembre 2015
In un editoriale sul Corriere della Sera del 28 novembre scorso Lucrezia Reichlin rileva giustamente che “l’Europa è colta impreparata da nuove emergenze: l’immigrazione e la sicurezza” e osserva che ci sono due strade alternative per affrontare il fenomeno migratorio e le sfide del terrorismo. La prima consiste in un allentamento dei vincoli e in un aumento conseguente della flessibilità di bilancio. È una strada che appare semplice da seguire ed è fortemente appetibile per paesi alle prese con problemi stringenti di scarsità di risorse fiscali. Ma appare una strada pericolosa in quanto rischia di favorire un rafforzamento delle tensioni sui mercati finanziari, con un conseguente allargamento degli spreads per i paesi più deboli.
Reichlin propone una seconda alternativa: “aumentare la capacità di spesa dell’Unione emettendo debito federale”. Il punto di partenza di questa proposta è certamente condivisibile. L’economia europea è afflitta da un tasso di crescita molto debole e il reperimento di nuove risorse destinate a promuovere la sicurezza attraverso emissioni di eurobond contribuirebbe non soltanto a far fronte in modo più efficace a questo drammatico problema, ma altresì a sostenere con un intervento di politica fiscale la politica espansiva promossa dalla Bce attraverso il Quantitative Easing.
Le risorse da mettere in campo sono certamente cospicue. Per disporne in misura adeguata Lucrezia Reichlin propone dunque di ricorrere alla creazione di un debito federale. E giustifica la proposta rilevando che questo debito sarebbe sicuro, in quanto garantito dall’insieme dei governi, e inoltre sarebbe accettabile, in quanto destinato non a sostenere un singolo paese o il settore bancario, ma ad “affrontare un problema comune”. E conclude: “un bond per finanziare la sicurezza e l’integrazione dei migranti, emesso da un’agenzia apposita e garantito dall’insieme dei paesi dell’Unione, potrebbe essere il primo passo per quella federazione fiscale dell’eurozona di cui tanto si parla, ma che stenta a nascere”.
Si tratta di una proposta molto suggestiva in quanto consentirebbe di legare l’iniziativa per la costruzione di un bilancio dell’eurozona alla soluzione di un problema – le drammatiche correnti migratorie, i rischi del fanatismo religioso e del terrorismo, la sicurezza esterna dell’Unione – che è fortemente sentito in tutta Europa e coinvolge tutti i paesi. Ma, sulla base del principio della golden rule, l’emissione di eurobond da parte dei paesi dell’eurozona dovrebbe essere limitata soltanto al finanziamento degli investimenti, mentre le spese correnti dovrebbero essere finanziate attraverso risorse fiscali.
Una politica di sostegno alla ripresa degli investimenti è già stata avviata con l’approvazione del piano Juncker. Ma, come sottolineato da Reichlin, sarà certamente necessario promuovere in tempi brevi una politica di emissioni di eurobond in misura economicamente significativa, per far fronte da un lato alla persistente debolezza degli investimenti all’interno dell’Unione e per mettere altresì una notevole quantità di risorse a disposizione di un “piano Marshall” per i paesi del Mediterraneo, al fine di promuovere in particolare investimenti nel settore delle energie rinnovabili – che saranno in grado di garantire in futuro un reddito per il servizio del debito –, nel quadro di una politica estera europea che miri a ristabilire condizioni di equilibrio in questa area strategica da cui dipende la sicurezza dell’Europa.
Queste emissioni di eurobond sarebbero del tutto giustificate in quanto destinate all’acquisto di beni di investimento, che hanno una durata pluriennale. Una parte della spesa per la sicurezza può rientrare in questo settore ed essere quindi finanziata con debito, come proposto da Lucrezia Reichlin. Ma una parte residua della spesa per la gestione dei fenomeni migratori e per garantire la sicurezza contro il terrorismo ha natura di spesa corrente e deve quindi essere finanziata attraverso il prelievo di risorse fiscali. Questa decisione è probabilmente più difficile politicamente rispetto alla proposta di Reichlin perché il debito è più facilmente accettabile da parte dell’opinione pubblica rispetto a un aumento delle imposte. Occorre tuttavia considerare alcuni fattori significativi. In primo luogo, la crisi ha notevolmente rafforzato la consapevolezza dei rischi legati a un’esplosione dell’indebitamento pubblico e privato. In secondo luogo, è diffusamente accettata l’idea che nuove risorse debbano essere destinate a governare il fenomeno delle migrazioni e a sconfiggere il terrorismo. Ma un incremento della spesa destinato a far fronte a queste sfide, se gestito a livello nazionale, risulta da un lato più costoso e, d’altro lato, meno efficace. Infine, c’è già un primo accordo nell’eurozona – anche se la sua realizzazione è stata continuamente procrastinata – per promuovere l’introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie attraverso una “cooperazione rafforzata” cui hanno già aderito dieci paesi.
La via maestra da seguire appare quindi semplice da tracciare, anche se politicamente difficile. Il Consiglio europeo dovrebbe decidere di avviare seriamente una politica comune per la gestione dei fenomeni migratori e per sconfiggere il terrorismo, definendo livelli di spesa di dimensione adeguata rispetto alla gravità del problema da affrontare. In parallelo gli Stati membri dell’eurozona, a partire dai dieci paesi che hanno aderito alla cooperazione rafforzata, dovrebbero assumere la decisione politica di introdurre un’imposta sulle transazioni finanziarie – con una struttura comune di basi imponibili e di aliquote minime – e di attribuire al contempo una parte del gettito a un fondo europeo destinato al finanziamento della gestione dei fenomeni migratori e della lotta al terrorismo.
Si potrebbe così dare avvio a un primo embrione di un bilancio dell’eurozona, come auspicato da Reichlin, lungo le linee delineate nella dichiarazione comune del giugno scorso dei ministri dell’economia francese e tedesco, Emmanuel Macron e Sigmar Gabriel, che auspicano anche che “le nuove responsabilità affidate alla zona euro dovrebbero essere accompagnate da un maggior controllo democratico, arrivando per esempio a formare una zona euro in seno al Parlamento europeo. Un Commissario all’euro, con competenza non solo su questioni di bilancio, ma anche su crescita, investimenti e occupazione, potrebbe incarnare questa zona euro rafforzata”. La decisione di procedere al prelievo di nuove risorse fiscali potrebbe quindi avviare un processo di rafforzamento democratico delle istituzioni dell’eurozona e garantire al contempo, con la copertura assicurata da un ammontare adeguato di risorse fiscali, una larga emissione di eurobond destinati a finanziare gli investimenti necessari all’interno della zona euro e ad avviare un piano Marshall per i paesi del Mediterraneo, dalla cui stabilità dipende in larga misura anche la nostra sicurezza.