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Serve un percorso chiaro verso l’unione politica

Roberto Castaldi e Marco Piantini
Commento n. 58 - 25 giugno 2015

 

Grazie all’azione della BCE e alle riforme l’Europa e l’Italia vedono finalmente la ripresa. Ma la disoccupazione resta alta, le economie europee non convergono; le divergenze interne si sono aggravate in alcuni casi. La crisi ha mostrato l’insostenibilità di lungo periodo di un’unione monetaria priva di un bilancio e di un governo federale dell’economia. Molti ripetono la stessa diagnosi, ma deve essere accelerata l’azione per creare nuovi e più efficaci strumenti di governo. Come? Intanto con un approccio fondato tanto sul senso dell’urgenza quanto su quel po’ di coraggio e fiducia che sono indispensabili per qualsiasi serio tentativo di cambiamento.

Lo scenario geopolitico è grave. Lo spostamento strutturale del focus strategico americano verso il Pacifico ha creato un vuoto di potere intorno all’Europa, che diversi e contrastanti aspiranti egemoni regionali cercano di riempire. A est crescono i rischi e le tensioni, con l’annessione russa della Crimea e la crisi in Ucraina. Il Medio Oriente è in fiamme, in preda a conflitti e all’avanzata del Califfato islamico. Nel Nord Africa le speranze democratiche delle primavere arabe hanno lasciato il posto ad instabilità e tensioni crescenti, mentre la Libia è in preda alla guerra civile. L’Europa deve passare da consumatore a produttore di sicurezza. Non è una questione di risorse, ma di volontà. I 28 Stati dell’UE insieme hanno la seconda spesa militare mondiale e avviando una cooperazione strutturata permanente si procederebbe finalmente con l’integrazione nel campo della difesa, che risponderebbe anche alla richiesta americana di una maggiore assunzione di responsabilità degli europei.

In un mondo globale contano solo gli Stati di dimensione continentale, come USA, Cina, Russia, India Brasile, e gli europei devono scegliere tra unità politica e declino. La richiesta britannica di ridurre in alcuni ambiti il livello di integrazione mostra che non è possibile avanzare allo stesso ritmo a 28, dunque sarà l’Eurozona che dovrà approfondire la propria integrazione, realizzando le unioni bancaria, di bilancio, economica e politica proposte nel Rapporto “Verso un’autentica unione economica e monetaria” redatto nel 2012 dai Presidenti di Consiglio europeo, Commissione europea, Banca centrale europea ed Eurogruppo. In questi giorni è stata presentata una nuova versione del rapporto, che mantiene la direzione di marcia ma con qualche ambiguità. L’importante intanto è che si torni a parlare del futuro dell’Europa e che si stia aprendo un dibattito.

Ora bisogna decidere i tempi e la via per arrivare ad una vera federazione dell’eurozona, nel quadro di un’Unione europea meno integrata, ma in grado di mantenere dentro il Regno Unito e di allargarsi ulteriormente. Il contributo presentato dal governo italiano ha creato una dinamica positiva in questo senso. E’ significativo che sulle posizioni italiane siano convenuti il Vice Cancelliere tedesco e il Ministro dell’economia francese.

Oggi si costruisce l’Europa di domani e il suo ruolo nel mondo. Servono leadership e visione per avviare la realizzazione delle 4 unioni entro questa legislatura, dapprima sfruttando rapidamente tutti gli strumenti offerti dal Trattato di Lisbona, e procedendo poi a una riforma che recepisca i risultati del negoziato con la Gran Bretagna, e in pratica costituzionalizzi l’eurozona come avanguardia federale.

Urge creare strumenti europei di governo dell’economia, dei flussi migratori e delle sfide della sicurezza. Serve un bilancio autonomo dell’eurozona, uno strumento di stabilizzazione e crescita basato su risorse proprie, ovvero su una autonoma capacità fiscale e di prestito, in grado di finanziare investimenti e politiche per l’innovazione, di incentivare le riforme strutturali, e di garantire solidarietà e stabilità all’Eurozona. Un passo potrebbe essere la comunitarizzazione del Meccanismo Europeo di Stabilità e la sua trasformazione in un Fondo Monetario Europeo – che secondo autorevoli riflessioni potrebbe essere guidato da un Vice-Presidente della Commissione che sia anche Presidente dell’Eurogruppo – e poi essere trasformato in un vero Tesoro Europeo. Dall’altro lato l’avvio dell’integrazione nell’ambito della sicurezza e della difesa, lo sviluppo della politica estera europea, l’avvio di una politica comune per la migrazione e l’asilo. Non sono temi astratti ma passi essenziali verso l’unione politica. Temi su cui costruire un dibattito politico di ampio respiro, capace di attrarre una nuova partecipazione politica al di là degli schieramenti, e forse anche di dare elementi per una rifondazione della politica e di un suo recupero di qualità e spessore culturale.

Per alcuni l’unione politica è come l’assalto al Palazzo di inverno, l’ora X del federalismo europeo. In realtà abbiamo già pezzi rilevanti di unione politica, che va completata, rafforzando gli elementi federali dell’Unione. Ma l’incompletezza attuale non può essere un alibi. Vanno seguiti una chiara direzione di marcia, un percorso e una meta, per recuperare il senso del processo e restituire speranza nel futuro.

* Roberto Castaldi è Professore associato di Filosofia politica alla Università eCampus e, per il CSF,
   editor di Perspectives on Federalism e del Bibliographical Bulletin on Federalism

   Marco Piantini è Consigliere per gli Affari europei del Presidente del Consiglio dei Ministri

   (Una versione precedente di questo articolo è stata pubblicata su Il Messaggero il 24.06.2015)

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